L’impero fallisce ancora
e ridono tutti eccetto i morti
e noi intanto rintanati
in palafitte sgangherate
sopra queste pozze nere
d’acquaragia e microplastiche
a difenderci dal buio
a manifestarci col sorriso
che i musilunghi piglian male
e i vicini poi chissà che pensano
spett.le futuro paleolitico
questa non è una poesia
ma una macchina del tempo
e ti sto venendo incontro
per chiudere definitivamente
tutta questa faccenda
c c
h h
e
h h
o o
c c
o o
m m
e e
u u
n n
u
r
g
e
n
z
a
i i
m m
p p
r r
o o
r r
o o
g g
a a
b b
i i
l l
e
di risolvere tutto
nel più violento
e peggiore dei modi possibili.
cara epidemia perché non scappi tutta via
e ci lasci al nostro collasso antropocenico?
che noi qua c’abbiamo solo
il linguaggio dell’amore
e mi dicono che vien brutto poi se scrivo
crisi climatica imminente
o disastro idrogeologico
che mica si può parlare
degli scogli sommersi
durante le burrasche.
ed io invece voglio che trasbordi
desertificazione
e radioattività del suolo,
temperature oltre i settanta gradi
e migrazioni per sopravvivenza
(tutte le migrazioni sono
perlopiù per sopravvivenza,
ma alcune sono più televisive
di altre)
e se ci devono essere dei grafici
che siano quelli
sulla riduzione dell’acqua potabile pro capite in tempo reale
e sulla percentuale di salinità degli oceani
in rapporto allo scioglimento dei ghiacciai
e se proprio devono esserci degli assistenti
allora che siano
voyeur dell’anidride carbonica
galoppini a pelo corto infiltrati nei grafici dei sismologi
insider trader doppiogiochisti della fotosintesi clorofilliana
che va bene che dobbiamo giocar sporco
ma non vogliamo togliere il lavoro
a quelli della nettezza urbana.
c’è bisogno che io adesso mi metta a camminare,
mani in tasca sguardo dritto in avanti
lasciar perdere la realtà tutt’intorno
potrebbe non corrispondere esattamente
alla linea comunicativa contemporanea.
qui un tempo era tutta coerenza
ed io cincischiavo alla ricerca di un’intersezione
abbastanza plausibile nel groviglio cybernetico
prima dell’avvento del metaverso.
pianetaterra: ricordati del petricore e delle patate al forno.
pianetarete: non dimenticarti che esiste sempre un’altra narrazione.
ritornando a noi: buttiamo giù tutto il baraccone e parliamo chiaro
osservare sempre la vita da due lenti graduate diverse,
così si hanno più punti di fuoco separati
e ben distinguibili
che permettono di vedere la realtà
cambiando spesso il punto di vista.
adesso sono qui, come voi,
ma da quest’altra parte dello schermo
e il paesaggio non è poi così diverso
da quello che potreste vedere voi in questo momento
se distogliete per un attimo lo sguardo dal testo.
laggiù ma anche qui, tra le costole,
lungo le braccia,
nelle curve dei corpi
siamo tutti dentro queste stupefacenti
divise in pelle umana biologica,
esposti, espliciti e pornograficamente splatter,
gore-izzati e stampati a caratteri cubitali
e poi affissi su cartelloni stradali
di dimensioni sbalorditive.
lasciati a leccarci
(l’immagine di una lama
che solleva leggermente l’epidermide,
quanto basta per esporre
il fragile e delicato meccanismo alle intemperie,
quanto basta per ficcarci dentro qualcosa
prima che avvenga il naturale processo
di cicatrizzazione)
le nostre ferite sottili.
per la prossima variante
prendi la seconda a destra
poi giù lungo la prossima isteria
seguendo il torrente dell’informazione
manipolata dai clickbait
oppure fai quel cazzo che vuoi
ma non mi rompere i coglioni
che qua c’ho da buttare giù
dei cataclismi fonologici
delle muraglie di linguaggio
e come puoi ben leggere
è già difficile trovare
il punto preciso in cui
iniziare a scardinare.
che uno mica può partire da un punto a caso
e se c’è il vuoto ad ogni gradino
mettiamoci una ringhiera in quella
stramaledetta scala
e se abbiamo tutti perduto qualcuno
allora cerchiamo di essere delle
persone meno distratte
questa non è una poesia per telepatici
quindi no, non lo sapete cosa voglio dire
tutte le faglie sono state squarciate
e qua fuori è pieno di godzilla
e per quanto ci provi gusto
non posso mica invitarli a cena
tutte le sere a casa mia.
e per quanto ci provi gusto
non posso mica sparire dentro un cerchio
ogni volta che ne ho voglia
non posso
mica sparire
dentro un cerchio
e riapparire completamente differente
ballando charleston e macumba italodance
panic in the stritt street
riscaldando rosmarino con la fiamma
che traballa
e poi si spegne
ed è un attimo che ritorna il buiodenso
il neroniente
l’assenza di slancio
come nebbia scozzese che inghiotte tutte le cose
come strutture megalitiche artificiali
alla deriva nello spazio più fondo
soffermandomi sotto un lampione sotto le stelle
brace di sigaretta accesa
segnali morse rivolti a nessuno
ci sono punti di contatto a volte
in alcune discussioni
quanto tempo sprecato
a seppellirli
sotto cumuli di irrefrenabile banalità
e aspetto ancora il vento
e il cielo spezzato da linee viola
e attendo ancora invano
cumulonembi sulla soglia
ma il rumore di fondo
si solleva strascicato
ad inghiottire il silenzio
e il lampione si auto assolve
esaurita la sua funzione
e rimango intirizzito relitto
pochi passi ed è battigia
pochi istanti poi più niente
riprendo a camminare
a ritornare
a rimuginare.
Nessun commento:
Posta un commento