mercoledì 2 febbraio 2022

GUERRE PANDEMICHE NUMERO 0.4 - TUTTO CIÒ DI CUI NON RIESCO ANCORA A PARLARE

È chiaro se dico: onda spezzata contro
frangiflutti rocciosi, frammenti di marea
sparpagliata accarezzano piano sabbia deserta?  

È altrettanto chiaro se indico: saliscendi aritmico,
cuore di gabbiano cosparso di petrolio?

tutto ciò che sta in mezzo
(a queste due frasi)
è tutto ciò
di cui sono riuscito a scrivere, finora

quindi adesso
proverò ad andare oltre:

quando ho spezzato il guscio
dell’individualismo e sono precipitato
dall’albero evolutivo
indossavo una maglietta beige
con scritto neanderthal
in un grassetto di simpatici caratteri rosa

ricordo che ancora prima di allungare
le mie zampine su di una tastiera di computer
compilavo già lunghissime lettere
in pessima grafia e penosi contenuti

arredavo senza nessun gusto estetico
i labirinti sottoscala del mio cranio
dove abitavo allora e dove
lasciavo briciole di qualunquismo
in autogestione sul divano

appeso al ramo di una canzone
un giorno ho visto un tramonto
di buone intenzioni sopra lo scintillio
del mar dei sorpassi
e non sono più tornato indietro

ero io a squarciagola
che emettevo singole lettere
grandi quanto fogli a4

ero io che mangiavo
le strade e davo la mancia
ai barboni per l’ottimo servizio svolto

per un periodo ho fatto come tutti
andavo avanti e indietro
ma con disastrosi risultati

dove gli altri arrivavano al dunque
io facevo a gara
a circumnavigare cubetti di ghiaccio
prima che si sciogliessero

smettevo di pensare e ficcavo la faccia
dentro barili scoperti ricolmi di pessimismo
e calcolavo quanti anni potessi stare in apnea
prima di venir strappato via
da una singola piccola gioia quotidiana

e quando venne il momento del volo  
mi ritrovai ridicolo
con un salvagente al collo
a quindicimila metri
in atterraggio d’emergenza

e quando venne il momento del mare
feci l’unica cosa che l’umanità
ha smesso di fare da tempo
costruii un piccolo amuleto
con ciò che avevo a disposizione
e lo lanciai in dono a Poseidone
nel mezzo di una tempesta

e intanto
cercavo di dipingere di blu
tutte le luci dei semafori
per ingorgare il traffico
o per dirottarlo verso il cielo

e poi anche per me arrivò il momento dell’accelerazione   

del crescente
del respiro rapido
dello sporgermi in avanti
del percepire l’aerodinamicità
e di agevolarla al meglio
del principio del frastuono
degli strapiombi in picchiata
di sparpagliare i piani di tutti quanti
di lasciare indietro i prossimi ultimi
di generare un pensiero al secondo
di compiere due movimenti nel frattempo
di continuare ad aumentare la velocità
in maniera esponenziale
fino ad arrivare a credere
di essere più veloce dell’onda
senza riflettere minimamente
sull’imprevedibilità
del suo vero potenziale

non è tanto ritrovarsi in bilico
è scoprirsi fragili quello che più spaventa

cedere è poco meno di un istante
ciò che ne deriva è solamente conseguenza

l’attrito è piombo e massa e crolla ovunque
ciò che tradisce per lo più è consistenza
 ed esiste nell’adesso
solo questo frammento immobile
questa porzione di sguardo

questa marea di catrame che addensa ogni cosa

e più l’istinto scalcia e spinge
più il dolore fermo si acutizza
e più le grida si susseguono
più emergono grumi di panico
che scombussolano il tutto

quando si racchiuse tutt’intorno
il guscio nero intramontabile
ho pensato di sognare per un momento  
una maglietta beige
con una stampa in simpatici
caratteri rosa.

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